Recensione presentata all’Accademia EFP – Scuola IGEA
Se l’interiorità si riflette nella realtà esterna, il messaggio del sequel è molto più profondo dell’attivismo ecologico del regista James Cameron: inizia un nuovo viaggio…
La storia d’amore di Jake e Neytiri riprende là, dove l’avevamo lasciata, con la liberazione della luna dalla minaccia degli umani.
Ora sono una famiglia, “i Sully rimangono uniti”, hanno tre figli più la piccola Kiri. Vivono nella foresta e “la felicità è semplice”, fino a quando una nuova stella nella notte indica che la “gente del Cielo” sta tornando per depredare nuovamente Pandora con la violenza.
Il canto, il rito, la Grande Madre
Il film inizia e termina con il dolce canto di Neytiri e con il suggestivo rito in cui con i songcord si ricorda con un grano ogni storia di vita dei Na’vi e la prima unione con Eywa (la Grande Madre), la forza biologica senziente che guida questo popolo.
Il nome Na’vi significa “figlio di Eywa”.
“La Grande Madre accoglie tutti i figli nel suo cuore” – “Il popolo dice che viviamo in Eywa e Eywa vive in noi”
Neytiri canta “Zola’u nìprrte’“ “Benvenuto” e ringrazia Eywa per la vita dei suoi figli e dà il benvenuto alla piccola Kiri (la figlia dell’Avatar della dottoressa Grace) nella famiglia Sully.
Il songcord è una sorta di mantra mnemonico usato dal popolo Na’vi per tramandare informazioni, raccontare storie e mitologia.
Viene creata una corda ed utilizzata come rappresentazione tattile della propria storia, della propria famiglia o della tribù.
Le corde sono create utilizzando materiali vegetali, ossa o pietre infilati su un lungo pezzo di spago.
Ogni individuo crea la propria corda di canzoni e continuamente vengono aggiunti nuovi elementi
per qualsiasi evento significativo della vita.
“Ogni songcord deve avere un ultimo grano…”
Quando un Na’vi muore viene sepolto accanto al suo cordone mentre i familiari cantano la loro corda…
“il mare è intorno a te e dentro di te, il mare è la tua casa prima della tua nascita e dopo la tua morte…” – “Il popolo dice che tutta l’Energia è in prestito, e un giorno devi restituirla”
“Eywa accoglie tutti i suoi figli nel cuore, niente va mai perduto”
Eywa per la popolazione indigena Na’vi è la divinità immanente in ogni cosa che opera per mantenere l’ecosistema di Pandora in perfetta armonia e credono che alla loro morte, tutte le cose ritornino ad Eywa, nulla vada mai perduto.
La Via della Spiritualità
La famiglia Sully, “i ragazzi degli alberi”, ricercati dai militari della compagnia RDA, lasciano la terra e gli alberi sacri della foresta per intraprendere la Via dell’Acqua ed unirsi al popolo del mare ed apprendere gli usi e costumi del mondo acquatico.
Il mare è la Grande Coscienza
“La Via dell’Acqua non ha inizio e non ha fine, il mare è intorno a te e dentro di te, il mare è la tua casa prima della tua nascita e dopo la tua morte…
I nostri cuori battono nel grembo del mondo e il nostro respiro brucia nelle ombre degli abissi
Il mare dà, il mare prende
L’acqua connette tutte le cose, la vita alla morte, il buio alla luce…”
Un mantra, una preghiera all’Acqua che nei momenti di forte emozionalità dona un corpo e un respiro calmo per affrontare le avversità.
“La Via dell’Acqua non ha inizio e non ha fine”
L’Acqua è fiume, mare, oceano, è dolce e salata, è amica e nemica, è limite e infinito…
Il ciclo dell’Acqua, assomiglia all’Anima dell’essere vivente: in nessun momento è uguale a se stessa: non ha principio e non ha fine, il suo movimento circolare è in continua trasformazione, non ha quiete né posa.
L’Acqua cambia forma, si adatta alle circostanze, aggira e plasma gli ostacoli che incontra, ma inesorabilmente, dalla sorgente da cui nasce, giunge all’oceano, diventando ruscello, torrente, fiume, mare… in un continuo processo di trasformazione che è la sua vera forza.
E’ un liquido fluente, in costante movimento e cambiamento, a volte impercettibile, a volte irruento.
“Noi siamo nati da quest’acqua, nel mare dell’utero, dove la vita ha inizio. I nostri corpi sono quasi interamente di acqua e le acque della vita fluiscono attraverso di noi nel nostro viaggio lungo il fiume della vita” (Chakras, Ruote di Vita – Anodea Judith).
L’oceano, con tutta la sua simbologia, è il vero protagonista del film, rappresenta il liquido amniotico che, con la sua composizione salata, lo rende simile all’acqua del mare.
All’inizio del film ritroviamo Neytiri incinta e l’Avatar della dottoressa Grace con il pancione immersa in una teca d’acqua.
“I nostri cuori battono nel grembo del mondo e il nostro respiro brucia nelle ombre degli abissi”
L’Acqua è l’elemento vitale da cui tutto prende vita, è la sorgente, è il grembo materno, è la fonte di nutrimento, è purificante, terapeutica, guaritrice e ispiratrice di vita. Sue sono l’intuizione, la creatività, l’istintualità e l’energia sessuale.
“La vita è acqua che danza sulla melodia dei suoni” (Albert Szent)
Instancabile viaggiatrice dei Cieli, perforatrice della Terra e regina degli abissi più profondi,
l’Acqua possiede tanto la calma, nell’immobile incanto dei laghi, quanto la gravità e la profondità abissale della Terra, quanto il turbinio dell’Aria, quanto la mobilità del Fuoco.
E’ profonda, le sue correnti spesso non sono visibili in superficie, la sua vita è nascosta allo sguardo esterno. E’ associata all’intuito, all’inconscio, ai sentimenti, alla spiritualità, alle emozioni, ai ricordi e ai sogni.
Il popolo del reef, il clan dei Metkayina, è un popolo molto simile ai Na’vi, la loro pelle si differenzia per il colore verde acqua, mani e braccia palmate, code più grandi e tatuaggi simili ai Maori.
Nella logica Maori un simbolo tatuato, diventa parte dello spirito di chi lo indossa con rispetto e quindi rappresenta un legame spirituale tra le persone e il tempo, quasi a ricordare la corda canora e l’aspetto spirituale della tribù.
“Il mare dà, il mare prende”
L’Acqua porta la vita, nutrimento, fertilità, nel luogo in cui passa nasce qualcosa, scorre sempre verso il basso e prende tutto quello che trova.
Kiri e il mistero del concepimento
Il concepimento di Kiri è un mistero e gli stessi autori di Avatar 2 affermano che non possono parlare di questo e la risposta verrà data nei sequel successivi.
Kiri avverte la sua diversità, soprattutto quando alcuni ragazzi la deridono facendo delle ipotesi sulle sue possibili origini paterne.
Sebbene non sia mai stato rivelato, è probabile che il padre di Kiri non sia un padre biologico tradizionale. Il profondo legame della ragazza con Pandora, la sua capacità naturale di controllare la vita acquatica e di connettersi con tutte le creature, suggeriscono fortemente che sia stata concepita in modo impeccabile da Eywa, Kiri ne percepisce infatti il respiro e il battito del cuore possente.
Il legame sacro con la Natura
“L’acqua connette tutte le cose, la vita alla morte, il buio alla luce…”
La capacità di abbandono, l’attaccamento, la compassione, la condivisione, sono i sentimenti che la caratterizzano.
I corsi d’acqua tendono ad incontrarsi, a riunirsi, a crescere insieme. L’acqua tende all’unione, ai legami, e questi a loro volta si rinforzano attraverso l’elemento liquido (sangue, sessualità, allattamento, bere in compagnia).
E’ Eywa che collega tutte le forme di vita come in una grande rete biologica, infatti quasi tutti gli esseri viventi e le piante di Pandora condividono delle code/appendici neurali esterne, contenenti terminazioni nervose che fuoriescono parzialmente.
Quando un essere e un Na’vi avvicinano le terminazioni delle loro trecce di capelli/code, esse si intrecciano spontaneamente e si intesse tra i due il Tsaheylu, un legame chimico biologico neurologico, un’empatia diretta che permette alle due creature legate di comunicare, sentire e “vedere”.
Il “Tsaheylu” è il legame permanente che i Na’vi instaurano con gli animali più nobili del loro pianeta, tanto da considerarli come “fratelli e sorelle nello spirito” e battersi per la loro protezione contro i “demoni” del cielo.
Nelle connessioni neurali i Na’vi, una volta avvenuto il legame con un essere vivente, possono comunicare e comandare questa creatura con il pensiero, quasi fosse il prolungamento del loro corpo, per poterli cavalcare in terra, in aria e in acqua e sentirne lo stato d’animo.
Anche il rapporto con gli animali di cui si cibano diventa sacro, durante la cacciagione, la morte della preda è accompagnata a preghiere di ringraziamento ad Eywa “Io ti vedo, Fratello e ti ringrazio, il tuo Spirito va con Eywa, il tuo corpo rimane qui, per diventare parte del popolo”.
E’ la sacralità e l’ecologia della mente di Gregory Bateson nei popoli della Nuova Guinea: il loro essere cosmico rituale, il loro sancire con simboli e con sacralità i passaggi della loro vita, li collega ad una dimensione in cui possono comunicare con tutto, e tutto è collegato. In questa dimensione il Divino è ovunque, in qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, in qualsiasi esperienza, il Divino è in loro e in tutti gli esseri. Se il Divino è ovunque, è lì con il popolo Na’vi … e loro lo percepiscono attraverso i rituali, le cerimonie, i simboli, i canti…
Le piante sacre
I ricercatori umani del laboratorio, in particolare Grace, ipotizzarono che le piante comunicassero tra loro attraverso le radici con collegamenti di tipo elettro-biochimico.
Questo ci ricorda gli assoni e i dendriti, la rete sinaptica delle nostre cellule neuronali e il World Wide Web.
Gli alberi non hanno una coda per cui lo tsaheylu avviene attraverso le loro stesse radici o foglie filiformi.
Visto l’elevato numero di esemplari su Pandora e l’enorme numero di connessioni che ogni singolo albero è in grado di stabilire con gli alberi vicini, la loro rete di comunicazione biochimica potrebbe risultare più estesa di quella fra i neuroni del cervello umano.
In tale rete hanno particolare importanza le piante sacre ai Na’vi: l’Albero delle Voci e l’Albero delle Anime.
L’Albero delle Voci è simile ad un salice, è dotato di un grande tronco centrale dal quale partono lunghe foglie filiformi luminescenti e durante la notte possono essere utilizzate per pregare Eywa e attraverso lo tsaheylu ascoltare le voci degli antenati (da qui il nome dell’albero).
L’Albero delle Anime è il più potente e il più diretto legame sacro dei Na’vi con Eywa. Simile all’Albero delle Voci, è situato nel mezzo dei Monti Hallelujah.
Quest’albero magico oltre a possedere le lunghe foglie fluorescenti, ha la capacità di estrarre le sue radici dal terreno a cui i Na’vi possono connettersi per intessere uno tsaheylu con qualsiasi creatura.
Ai suoi piedi, soprattutto durante l’eclissi, vengono celebrati riti sacri e cerimonie perché si compia la volontà della divinità (come per esempio la guarigione o meno di un essere).
L’Albero delle Anime è chiamato anche “Pozzo delle Anime”.
Io ti vedo
“Io ti vedo” è una delle espressioni spirituali utilizzate dal popolo Na’vi nelle relazioni con l’altro, in cui avviene una connessione profonda che va oltre l’aspetto fisico e mentale.
Indica “io vedo la tua vera essenza” – “io vedo la tua Anima” – “ti sento, ti riconosco, ti accetto per ciò che sei” …
Indica il vedere l’altro con gli occhi interni in uno sguardo più ampio e puro, senza pregiudizi e aspettative. Indica inoltre il guardare con altri occhi l’ambiente che ci circonda.
Avatar diventa il teatro della vita con trucco e costumi di scena: se guardiamo gli altri solo esteriormente, non li vedremo mai per quello che sono.
Ora gli “alieni” di Pandora non sono più personaggi digitali e fittizi, ma esseri viventi in tutta la loro complessità, facenti parte di un mondo magnifico altrettanto complesso.
L’Arco di Neytiri
Da sempre uno degli oggetti più antichi, l’arco è l’arma regale che ha accompagnato la storia del mondo fin dai suoi albori.
L’arco in legno di Neytiri, ereditato dal padre, con la lavorazione cerimoniale e le frecce con le piume colorate, sembrano ricordare gli archi utilizzati dai Nativi Americani.
In una battaglia Neytiri tiene le frecce nella stessa mano dell’arco per velocizzare il tiro, caratteristica analoga proprio negli Indiani d’America.
L’arco con le frecce è un simbolo d’Amore (si pensi a Cupido e altre divinità femminili armate d’arco).
Le piume sono simbolo di preghiera.
L’aspetto ecologico
Il film Avatar con i suoi Na’vi divenne dal 2009 simbolo di ribellione e resistenza politica contro il riscaldamento globale, contro gli scavi in luoghi sacri, disboscamento di foreste, pesca eccessiva e progetti di privatizzazione delle reti idriche…
Il regista James Cameron, amante dell’oceano da sempre, affronta nuovamente la tematica ambientale e sposta sorprendentemente lo scenario sull’acqua, nel paradiso celeste di Pandora in cui le immagini fluiscono in un mare di emozioni.
Il sequel è un ulteriore invito alla salvaguardia dell’ecosistema acquatico e delle loro creature, è un richiamo all’urgente necessità di rispettare e trattare la natura in modo diverso. Ci mostra forse come potrebbe essere il mondo subacqueo senza la presenza dell’uomo.
Lasciata la foresta, ci troviamo ora in ambiente marino suggestivo, in una coloratissima barriera corallina tropicale in cui vive la tribù dei Metkayina in grado di comunicare particolarmente con i tulkun “i fratelli dello spirito”, dei mammiferi enormi, simili ai cetacei, particolarmente evoluti, intelligenti e sensibili, compositori di canti per la fertilità, detentori della storia e delle memorie del mare.
“La via dei Tulkun è non uccidere”
Queste creature hanno sviluppato un linguaggio complesso, capacità matematiche, canti e sono disposte a sacrificare la loro vita per proteggere il popolo con il quale vivono in simbiosi.
Per “la gente del Cielo” esse possiedono nel loro cervello il segreto della vita eterna:
una sostanza color giallo oro, che ricorda l’ambra delle balene terrestri, che i balenieri vendono a cifre altissime, a quella parte di umanità che ambisce solamente a preservare la propria esistenza e l’apparenza esteriore.
La narrazione parla attraverso le immagini, lo spettatore viene cullato e immerso in una realtà fantastica che richiama l’aspetto ludico infantile, in modo da rompere gli schemi consolidati nella società odierna e suscitare emozioni.
Durante la sceneggiatura, quando ci si tuffa nelle profondità dell’oceano si ha la sensazione di nuotare nelle acque cristalline di Pandora, di partecipare alla vita pulsante di piante e pesci iridescenti, di percepire mistero e magia, sensazione analoga a ciò che si prova immergendosi nei nostri oceani.
Il sequel è infatti ispirato a tutte le specie di coralli, animaletti e organismi invertebrati presenti negli ecosistemi delle barriere coralline di tutto il mondo che il regista conosce molto bene.
La meraviglia che si prova guardando lo splendore di questo oceano, dovrebbe aprire gli occhi per vedere finalmente la simile realtà che ci circonda e cercare con curiosità la bellezza attorno a noi.
I magici scenari di natura incontaminata, in cui tutto sembra avere un equilibrio e armonia, si contrappongono all’eccessiva violenza, prepotenza e tracotanza umana.
Il film diviene veicolo del rapporto tra uomo e natura. Esso denuncia come molti progetti di sviluppo violino i diritti umani delle popolazioni indigene e siano spesso collegati ad obiettivi militari ed economici.
L’uomo è Natura ed è parte integrante di essa, ne è il custode sacro, non il padrone.
Avatar corpo-mente e la dimensione virtuale
Nell’Induismo, Avatara è un termine della lingua sanscrita che significa “disceso”, un Avatar è la discesa sulla Terra del divino allo scopo di ristabilire il Dharma, le “legge cosmica”.
Rappresenta il passaggio dalla dimensione spirituale a quella materiale.
Nel film il passaggio è da un corpo umano che, attraverso una particolare attività neuronale, diviene un “altro” essere sempre collegato alla stessa mente, ma in uno spazio diverso.
James Cameron fu un vero visionario nel 2009 anticipando l’era virtuale: negli anni seguenti milioni di persone esaudiranno il desiderio di vivere una vita virtuale e di cambiare pelle come Jake.
Il protagonista Jake Sully lo racconta espressamente: sovrappone e confonde i due livelli di realtà fino a preferire il mondo fantastico di Pandora in cui può essere libero di correre, di innamorarsi e di “guarire”, rispetto al mondo reale in cui è un ex marine invalido sulla sedia a rotelle.
“Le foreste di Pandora nascondono molti pericoli ma il pericolo più grande di Pandora è che puoi arrivare ad amarla troppo”
Jake e il suo Avatar si lasciano andare ai piedi dell’Albero delle Anime affidando la preghiera al clan Omatikaya perché possa avvenire la trasmigrazione della sua Anima e diventare un indigeno Na’vi, lasciando per sempre il suo corpo umano.
Il Futuro: la nuova generazione
Il regista porta questa volta in scena i giovani ragazzi, nei loro ruoli adolescenziali tormentati dal senso di responsabilità, dai conflitti con i genitori e i fratelli e dal timore di essere diversi.
Probabilmente saranno loro i nuovi protagonisti nei prossimi sequel.
E il viaggio continua con una nuova consapevolezza…
in continuo aggiornamento…
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